"Il ddl sulle misure alternative al carcere un’amnistia strisciante? Questo è tecnicamente scorretto. Non c’è niente di piú distante da un’amnistia di quel provvedimento". Alla Camera, dove è in corso l’esame del testo, il ministro della Giustizia, Paola Severino difende il provvedimento che ieri ha visto l’ostruzionismo della Lega e gli attacchi di Di Pietro. Poi riprende il discorso camminando nei padiglioni della Fiera di Roma, dove è in corso il Salone della Giustizia. "L’amnistia – spiega il ministro – ‚ un provvedimento che riguarda tutti i reati. Il ddl dà al giudice la facoltà di applicare le misure domiciliari per i reati con pene inferiori ai quattro anni e lascia al giudice tutta la potestà di valutare".
Quella delle carceri sovraffollate è diventata un’emergenza nazionale e proprio dal Salone Giustizia è arrivata una proposta operativa. Il Salone è articolato. Nei vari incontri organizzati si parla di lotta alla mafia e il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, per anni impegnato in Sicilia e Calabria, avverte che in quest’ambito "il rischio contagio non risparmia nessuna categoria"; si parla di riforma forense, e il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, chiede che "la riforma passi cosí come è senza ulteriori emendamenti o c’è il rischio che non venga approvata prima dello scioglimento delle Camere"; e si parla di mediazione civile e in attesa di conoscere la motivazioni che hanno spinto la Consulta "bocciare" questo strumento di risoluzioni delle controversie civili. Ma sono le carceri il tema piú urgente. Proprio nel convegno di apertura del Salone sono stati presentati i risultati della relazione elaborata dalla Commissione mista per lo studio dei problemi della magistratura di sorveglianza, un gruppo di lavoro composto da magistrati e coordinata da Glauco Giostra, membro del Csm.
Nel documento si individuano una serie di modifiche normative per ridurre quegli automatismi che, comprimendo la discrezionalità dei giudici, producendo eccessi nell’uso della custodia cautelare o mantenendo in carcere soggetti colpevoli di reati lievi, sono la vera causa del sovraffollamento. La relazione stima che se quelle modifiche normative venissero realizzate, le presenze in carcere diminuirebbero di 5.000-10.000 unità in un anno e si avrebbero mancati ingressi per 15-20.000 persone in un anno. Ma bisogna agire subito.
"Anche per decreto – suggerisce Giostra -. O si potrebbero inserire queste modifiche nel ddl sulle misure alternative" in discussione alla Camera. Perch‚ "il ddl va nella direzione giusta ma da solo non basta a risolvere la situazione".
Nel dibattito riaffiora anche il braccialetto elettronico. I magistrati lo hanno usato poco, sebbene abbia avuto costi non indifferenti per lo Stato. Secondo il ministro Severino ha pesato una certa diffidenza, ma anche problemi tecnici: insomma lo strumento è utile se funziona e va migliorato. E se sarà fatto, "non c’è nessun pregiudizio ad utilizzarlo", assicura la vice presidente dell’Anm, Anna Canepa. Ma c’è un altro aspetto che si fa strada: l’ipotesi amnistia. Idea che raccoglie il netto "no" del presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, contrario a "interventi emergenziali" e favorevole a "un largo piano di depenalizzazione"; e dell’Anm ("sarebbe una sconfitta dello Stato e non risolve i problemi strutturali delle carceri", ha detto la vice presidente Anna Canepa). Scettico lo stesso Giostra che la ritiene utile solo se messa in atto dopo un intervento strutturale. Di diverso avviso Valerio Spigarelli, presidente dell’Unione Camere penali, secondo cui provvedimento di clemenza "risolverebbe almeno l’emergenza legata alla lesione dei diritti umani".
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