Non sono una giornalista, scrivo storie inventate, romanzi, e amministro una casa editrice insieme ad altri giovani come me. Da ieri mi si è svegliato il dente del giudizio, dormiva da un po’, ma ora ha deciso di infiammarsi di nuovo, forse va in base al tempo, forse preannunciava l’arrivo di una tempesta, una tempesta sull’Europa, sulle nuove generazioni e sul nostro futuro. Oggi i cittadini della Gran Bretagna con un referendum voluto da Cameron, hanno deciso di uscire dall’Europa.
Ebbene, forse sarò idealista, forse fin troppo romantica, ma in tutto questo non ci trovo nulla di rivoluzionario, nulla di ottimistico; sono delusa come un figlio che non si aspetta l’imminente schiaffo del genitore.
La Gran Bretagna aveva tutto. Era leader in Europa, aveva la sua moneta fortissima, aveva migliaia di studenti sparsi per il Vecchio Continente, aveva una storia forte che la aveva vista sempre incisiva, sempre vincente, sempre un passo avanti rispetto molti altri Paesi comunitari. Eppure stamane, al grido di un fantomatico, utopico ed egoistico “God save the queen”, la nostra parte anglofona, la nostra cugina moderna e all’avanguardia, ha deciso di giocarci un brutto scherzo.
L’Europa non piace più alla Gran Bretagna, e poco importa se Londra (che influenza il suo PIL considerevolmente) si è arrabbiata, poco importa se il 75% dei giovani voleva continuare a farne parte, poco importa se Scozia e Irlanda del Nord parlano già di indipendenza, poco importa anche se la sterlina già scende vertiginosamente, e ancora poco importa se la stragrande maggioranza delle banche sta pensando di trasferirsi a Francoforte. E paradossalmente mi dispiace di più per chi non si dispiace di questa perdita di valori costante e irrefrenabile dove troppo spesso si sceglie la strada più facile, dove per sfizio, e non per bisogno (sia chiaro) ci si alza per andarsene dal tavolo da gioco, anche quando ci vedeva vincenti.
Hanno ragione i miei amici quando mi dicono che gli Europei non hanno mai saputo farla l’Europa, e mai sapranno farla. Ma che volete farci, io ci credevo. E ho sorriso leggendo un’intervista al grande Umberto Eco, il quale affermava di sentirsi a casa quando, partecipando alle grandi cene fra illustri personaggi delle università di oltreoceano negli USA, si ritrovava dopo la mezzanotte a parlare con un francese, o con uno spagnolo, o un tedesco. Gli veniva spontaneo, diceva, starsene con gente d’Europa, dopo la mezzanotte. Oggi, forse, con un inglese, chissà.
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