I big della Silicon Valley dichiarano guerra alla propaganda dei jihadisti sul web. Da YouTube a Twitter, passando per Facebook, anche stavolta la decisione e’ stata quella di rimuovere immediatamente dalle proprie piattaforme il nuovo video dell’orrore, le immagini shock della decapitazione di Steven Sotloff. Cancellate prima che potessero ulteriormente diffondersi sulla rete. "Stavolta, dopo il caso di James Foley, eravamo piu’ preparati e siamo stati piu’ veloci", spiegano dal mondo dei social media americani.
Ci sono volute infatti meno di tre ore perche’ quelle immagini scomparissero dai principali siti di condivisione. Del resto – si sottolinea – oramai l’orientamento della Silicon Valley sembra essere quello quello di bandire definitivamente tutto il materiale diffuso dagli ambienti dell’estremismo e del terrorismo islamico. Gruppi che sempre di piu’ sfruttano la rete, i social network e le moderne tecnologie per propagare le proprie idee e reclutare adepti.
Facebook, Twitter, YouTube e altri hanno gia’ delle politiche restrittive per limitare sulle proprie piattaforme i contenuti caratterizzati da violenza gratuita e da incitamento all’odio. E YouTube e Twitter, per esempio, arrivano a bloccare gli account sospetti, quelli collegati a nomi che figurano nella "lista nera" del Dipartimento di Stato, che aggiorna costantemente l’elenco delle persone che si ritiene siano affiliate o vicine alle organizzazioni terroristiche internazionali. Ma ora sembra essere giunta l’ora di una ulteriore stretta, nonostante le enormi difficolta’ che si incontrano nello scovare i video piu’ spaventosi e raccapriccianti ed evitare che diventino virali, terribile ma efficace strumento della propaganda jihadista.
Non mancano pero’ le polemiche e c’e’ gia’ chi grida alla violazione della liberta’ di espressione su internet. "Gruppi come Facebook o Twitter non dovrebbero mai rimuovere i loro contenuti, a meno che non sia richiesto dalla legge", denuncia Jillian York, una delle paladine della difesa della liberta’ di espressione con la sua non-profit Electronic Frontier Foundation., secondo cui dare liberta’ di censura ai social media creerebbe un pericoloso precedente. C’e chi propone una mediazione. Come Marc Rotenberg, direttore dell’Electronic Privacy Information Center di Washington, che spiega come si potrebbero rimuovere le immagini incriminate ma non censurare o limitare il dibattito online.
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