Silvio Berlusconi e il suo ritorno in campo non saranno il convitato di pietra, domani, all’assemblea del Pd, l’ultima prima della pausa estiva e quella in cui Pier Luigi Bersani lancera’ lo sprint per vincere nel 2013. Il segretario Pd non lo citera’ nemmeno ma lo evochera’ come esempio del populismo che avanza in Europa e continua ad essere la cifra della destra italiana. ‘Con Monti ci siamo caricati la salvezza del paese e in futuro garantiremo responsabilita’ ma mantenendo la nostra identita”, e’ il messaggio che Bersani lancera’ a chi – mercati, analisti e partner europei – e’ scettico sulle capacita’ dell’Italia nel dopo-Monti.
Se le tappe per costruire il ‘centrosinistra di governo’ sono chiare al Pd, in alto mare sono le trattative sulla legge elettorale con il rischio che i democratici restino isolati in Parlamento da un accordo Pdl-Udc sulle preferenze e su un premio di maggioranza quasi irrilevante. Per ora, spiegano fonti Pd, Bersani resiste al pressing di chi nel partito, come i lettiani e gli ex Ppi, preferirebbero le preferenze al Porcellum e domani dovrebbe confermare che il Pd puo’ venir meno al doppio turno solo se la riforma garantisce governabilita’ e la scelta dei parlamentari attraverso i collegi. ‘Non faremo la fine della Grecia’ e’ l’impegno del leader Pd, che ha dalla sua il pieno sostegno di Walter Veltroni e dei capigruppo Dario Franceschini e Anna Finocchiaro.
Nel suo intervento il segretario Pd accentuera’ molto il profilo del Pd, capace in caso di vittoria elettorale di garantire la tenuta dei conti italiani e di fare riforme per ridurre la spesa pubblica e il peso della politica ma avendo come bussola non l’agenda Monti, ne’ tantomeno l’addio alla concertazione, ma l’equita’ e l’attenzione al paese reale. Come ha spiegato ieri in un’intervista al Financial Time, Bersani e’ convinto che il Pd sara’ all’altezza del dopo Monti. E per garantire stabilita’ sara’ necessaria un’alleanza che non deroga al programma, una carta di intenti che sara’ il perimetro per misurare se Sel, Idv e anche i centristi saranno dentro o fuori.
Alla fine di questo percorso costituente Bersani mette le primarie per la premiership, che dovrebbero tenersi all’inizio del 2013. Il segretario Pd non intende rinunciarci ma neanche cedere alle pressioni di Matteo Renzi, domani all’assemblea ma senza intervenire, e del gruppo di quarantenni che teme che alla fine non si fara’ niente. Piu’ tiepidi sull’opportunita’ delle primarie appaiono infatti Enrico Letta e Franceschini. Per il capogruppo del Pd, che indica Bersani come candidato premier, ‘se fosse necessario fare le primarie, sarebbero da intendere come lo strumento rafforzativo della leadership del Pd’.
Letta, che piu’ spinge per un accordo con i centristi, auspica ‘un’alleanza guidata dal segretario del Pd, con ai lati Casini e Vendola, e poi un esecutivo politico in continuita’ con Monti’. Continuita’ che, secondo il vicesegretario, sarebbe difficile se in Parlamento sedesse Beppe Grillo, che predica l’uscita dall’euro. ‘Io sono all’opposto di queste idee. Preferisco che i voti vadano al Pdl piuttosto che disperdersi verso Grillo’, sostiene Letta attirandosi gli strali dei grillini e qualche malumore nel partito.
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