Non ci sono conferme al 100%, ma se l’ipotesi del suicidio del copilota dell’Airbus 320 venisse confermata, non si tratterebbe del primo caso nella storia dell’aviazione commerciale. Lo schianto dell’Airbus ha molte similitudini con una tragedia accaduta 43 anni fa quando un Dc8 Alitalia, proveniente da Roma con 115 persone a bordo, si schianto’ contro Montagna Longa, a ridosso di Punta Raisi.
Secondo una poco convincente tesi, si tratto’ di errore umano nonostante i dubbi e la mancanza della scatola nera per i quali quell’incidente rimane ancora un mistero.
Un altro precedente si verifico’ il 9 febbraio del 1982 quando un DC-8 della Japan Airlines precipito’ in mare poco prima di atterrare a Tokyo per colpa di una manovra errata fatta deliberatamente dal comandante, Seiji Katagiri. La commissione d’inchiesta appuro’ che l’uomo – il quale, soffriva di disturbi nervosi – nonostante un tentativo di intervento di altri due membri dell’equipaggio, aveva invertito la spinta dei motori a 300 metri dalla pista, facendo precipitare l’aereo in mare. Nell’incidente morirono 24 persone e 150 rimasero ferite.
Nell’ottobre del 1999, il volo 990 della EgyptAir, partito da New York e diretto al Cairo con 217 persone a bordo, si schianto’ nell’Oceano Atlantico, subito dopo il decollo. L’inchiesta della Ntsb (National transportation security board, l’agenzia federale Usa che indaga sui disastri aerei) stabili’ che il volo fu intenzionalmente sabotato da Gameel El-Batouty, il co-pilota il quale, secondo gli americani aveva manifestato propositi suicidi. Una tesi mai accolta dal Cairo.
Nell’agosto del 1994, l’Atr-42 della Royal Air Maroc, con 44 persone a bordo, tra cui 8 italiani, precipito’ vicino Agadir. L’aereo era diretto a Casablanca. Il ‘cockpit voice recorder’, il registratore delle conversazioni di cabina, rivelo’ che fu il comandante, Younis Khayati, a causare l’incidente nonostante i tentativi disperati del co-pilota, Sofia Figuiqui, la quale dopo aver lanciato per ben tre volte il ‘mayday’, cerco’ invano di bloccare il comandante.
Infine, nel novembre del 2013, un aereo di linea mozambicano si schianto’ in Namibia con 33 persone a bordo. La scatola nera rivelo’ "una chiara intenzione" suicida del comandante, Herminio dos Santos Fernandes.
SUICIDIO PREMEDITATO Una lunga premeditazione, un pensiero preciso e coltivato forse a lungo. Poi agito con la spinta dell’impulso, cancellando tutti gli altri pensieri, compreso quello della responsabilita’ per la vita delle 150 persone sull’aereo che stava guidando. L’ex presidente della Societa’ italiana di psichiatria (Sip), Claudio Mencacci, si dice non sorpreso per l’ipotesi che sembra trovare sempre piu’ conferme sul gesto estremo del copilota, alla luce delle notizie diffuse nelle ultime ore sulla ricostruzione dell’incidente del volo della GermanWings.
”Si entra in una sorta di tunnel dove la morte e’ l’unico pensiero di fuga. Tutto il resto, compreso il senso di responsabilita’ per la vita degli altri, si annulla. Il suicidio dei piloti e’ gia’ avvenuto, almeno in tre casi. A mettere in crisi gli uomini e’ stato, in quei casi, il disagio di un problema economico, cosi’ come una relazione affettiva finita” ricorda lo psichiatra. E neanche in una popolazione cosi’ selezionata e’ possibile escludere il rischio. La questione che si pone e’ come funziona il sistema di sicurezza per evitare che una persona non possa essere fermata cosi’ come quello della attenta valutazione psicofisica dei piloti. ”I tassi sui suicidi variano da nazione a nazione. In Italia se ne contano 6,3 ogni 100 mila abitanti – ha aggiunto sottolineando che anche la nazionalita’ rappresenta un elemento di valutazione di rischio – tassi che si innalzano fino ad arrivare 12 ogni 100 mila in paesi come la Francia e l’Austria, con una crescita nei paesi dell’est Europa e del sud est asiatico”. E lo psichiatra non si dichiara neppure sorpreso per la circostanza tale che ha portato, per la scelta dell’uomo di suicidarsi in volo con l’aereo carico, ad una vera e propria strage. ”Basti pensare a quando accade nelle persone che decidono di morire lasciando aperto il rubinetto del gas: sanno bene – conclude – che una esplosione potra’ uccidere molte altre persone ma questo pensiero e’ annullato dalla determinazione di morire per uscire dal tunnel nel quale si sentono”.
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